Tredici. Cronaca di un suicidio.


Tredici (13 Reasons Why) è una serie televisiva stutunitense, creata da Brian Yorkey e tratta dal romanzo 13 di Jay Asher.

La storia, che si svolge negli Stati Uniti ai giorni nostri, inizia con il suicidio di una ragazza liceale di nome Hanna Baker (Katherine Langford). Dopo il tragico evento, che ha scosso studenti e insegnati, Clay Jansen (Dylan Minette),  compagno e amico della ragazza, trova davanti la porta di casa sua un pacco contenente sette cassette, incise proprio dalla voce di Hanna Baker, che spiega i tredici motivi che l'hanno indotta al suicidio. Clay è uno dei motivi.  Ogni puntata è una cassetta, e ciascuna cassetta ha un protagonista, che direttamente o indirettamente ha scosso l'animo della ragazza. Così, alla fine, ciascuna registrazione, accompagnanata dalla voce della protagonista, è un tassello di una grande mosaico dove si raggruppano profondi turbamenti psicologici e fisici.

Un progetto ambizioso, anche se non completamente originale, che si propone di indagare due temi delicati nella nostra cultura odierna: il suicidio e il fenomeno del bullismo (fisico e mentale).
Dalla prima all'ultima puntata si sviluppa una sorta di indagine per mano del protagonista che, in parte all'oscuro di alcuni eventi, diventa poi l'artefice di una sottile vendetta. Egli è chiamato ad ascoltare tutte le cassette e il pretesto narrativo per dilatare l'ascolto a tredici episodi è la forte sensibilità di Clay, che gli impedisce di ascoltarle tutte di seguito. L'aspetto molto interessante è l'evoluzione del personaggio che, da relativamente debole o comunque molto ordinario, subisce un cambiamento significativo, diventando l'unico eroe all'interno di un contesto estremamente crudo, che lascia particolarmente turbati e quasi sconvolti.  
Difatti tutti i "colpevoli" del suicidio di Hanna sono presentati come individui subdoli, in un modo o nell'altro, pronti solo a difendere se stessi e la loro immagine. In ogni episodio emergono gli altarini, gli scheletri nell'armadio che, per chi più e chi meno, rappresentano la sottile crudeltà delle persone.
Ciò che più colpisce, infatti, non sono tanto i piccoli eventi, le singole colpe di ciascun personaggio, ma appunto il grande schema che specchia in maniera più o meno veritiera una realtà malata, dove tutti gli interessi non sono più rivolti alla persona, ma ai pettegolezzi, alla fama e al materialismo superficiale.
Guardando ciascuno dei singoli episodi lo spettatore non riesce a colpevolizzare tutti i personaggi. Si, alcuni hanno colpe molto grandi, altri però, sono personaggi che hanno una storia alle spalle, a volte difficoltosa, per certi versi di più rispetto a quella della protagonista. Essi si possono solo accusare di eccessiva omertà e di un atteggiamento menefreghista nei confronti di una persona che visibilmente soffre e della quale si conoscono gli episodi che le hanno provocato sofferenza.
Di fatto, non sempre si può dare ragione al personaggio principale, ma il tutto funziona grazie alla sua caratterizzazione. Hanna Baker è un personaggio che lotta, combatte per una sua affermazione identitaria, ma alla fine è estremamente introverso, soprattutto in realazione alle sue vicende personali; un personaggio che non comunica, che omette, immagazzina, accumula fino allo stremo tutti i suoi problemi in un calderone esplosivo. Si delinea così un individuo che esclude a priori una richiesta d'aiuto esplicita, che sarebbe l'effettiva soluzione a tutti i suoi problemi. Il personaggio si limita di fatto a far  intuire che in se stessa ci sia qualcosa che non va, ma sicuramente non lo grida a gran voce. 
La serie si pone l'obiettivo di fornire uno squarcio critico di una realtà quotidiana in declino. Discute ampiamente sulle tematiche del suicidio e del bullismo, e lo fa con originalità, proprio attraverso la voce, in maniera inquietante estremamente lucida,  della protagonista. Il bullismo appunto è indagato nelle sue più variegate sfaccettature, da quello fisico a quello psicologico, che è l'aspetto più pericoloso e che si compone di varie dinamiche, facilmente identificabili nella serie; stereotipate, ma non sempre banalizzate, attraverso i volti di alcuni personaggi.  Tredici riesce a colpire nel segno. E' in grado di creare nello spettatore il disgusto per degli atteggiamenti che potrebbero essere evitati; ciascun episodio, inoltre, mette in luce un'incapacità da parte delle istituzioni nel saper gestire non solo le dinamiche sociali contorte che si possono creare tra gli studenti, ma anche una situazione postsuicidio, preferendo lavarsene le mani piuttosto che capire il perchè dell'accaduto. 
La serie nel suo intento critico funziona, ma allo stesso tempo, andando avanti con la narrazione, la storia si trasforma in un teen drama, che può, in determinati contesti, essere un arma a doppio taglio. Il rischio, non solo è una troppo facile identificazione con la protagonista, ma soprattutto che un narrazione così ben articolata possa rendere affascinante l'idea del suicidio. Per questo motivo dovrebbe essere una serie tv esclusa a determinate fascie d'età, specialmente quelle corrispondenti ai protagonisti.
Però, benchè esista la possibilità di un rigetto così palesemente negativo, la serie funziona nell'avviare un dibattito critico sul bullismo e sul suicidio indotto per tali cause.
Efficacia assoluta della serie è quella di saper sconvolgere, di lasciare turbato (forse un pò troppo) lo spettatore, specialmente dopo aver visto l'ultimo episodio, una volta che sono state svelate tutte le ragioni del "perchè".
Le performance, i raccordi di montaggio tra il presente narrativo e i flashback, la voce narrante della protagonista, creano un dipinto molto coinvolgente, ben fatto, ma anche amaramente triste.
Benchè lo spettatore, inseguendo Clay e le registrazioni, diventi una sorta di investigatore, voglioso di scoprire le ragioni del terribile gesto e cogliere tutti i dettagli che lasciano qualcosa in sospeso, sarà accompagnato fino alla fine da una silenziosa tristezza. E proprio questo elemento dovrebbe essere quello che, nonostante tutte le porte aperte, chiude l'arco narrativo di questa storia. E' la cronaca di un suicidio e una volta terminata questa cronaca e le sue conseguenze a corto raggio non c'è più motivo di ostentare, specialmente con questi temi così delicati, ma soprattutto così tristi.
Nonostante ciò, la seconda stagione è già in cantiere. Bisognerà vedere come supererà gli ostacoli di un serie tv che già nella sua prima stagione ha trovato una sua autosufficente conclusione.

In definitiva Tredici risulta un'ottima serie tv, critica e profonda, nonostante alcuni suoi spunti negativi. Una narrazione che interroga lo spettatore sulle sue percezioni riguardo certe tematiche, dalle quali nasce inoltre un buon dibattito. La voce narrante è il più grande punto di forza, coinvolge fino alla fine, scuote e con un buon connubio di immagini è in grado di far emozionare lo spettatore.


Recensione di
Francesco Crispi

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